Le materie prime: un sistema
integrato di risorse locali ed esotiche
Le recenti campagne di scavo e le raccolte sistematiche di superficie
effettuate sul sito archeologico di Tosina di Monzambano hanno restituito oltre
20 mila reperti in pietra. Si tratta soprattutto di manufatti in selce
scheggiata accompagnati da un piccolo lotto di reperti in pietra levigata o non
scheggiata.
Le industrie litiche di Tosina integrano le informazioni desunte dalla
produzione ceramica e permettono di determinare l'arco crono-culturale di
frequentazione del sito, mediante l'identificazione di procedimenti tecnici di
scheggiatura e tipologie di manufatti che sono ritenuti datanti e tipici di
specifici ambiti culturali. Tramite le industrie litiche è possibile
comprendere il rapporto dei gruppi preistorici di Tosina con l'ambiente e il
territorio circostante e le modalità di sfruttamento delle risorse e delle
materie prime, ipotizzare quali fossero le attività di sussistenza praticate e
identificare i contatti con altri ambiti culturali.
L'approvvigionamento delle rocce utilizzate a Tosina per produrre i
manufatti in pietra era legato ad un articolato sistema di acquisizione delle
risorse litiche che si basava su una complessa rete di traffici e scambi di
materie prime ben documentata nella regione padano-alpina a partire dal
Neolitico.
La selce
La selce usata per le industrie in pietra scheggiata proviene
principalmente dalle non distanti formazioni selcifere veneto-trentine, la
Maiolica (o Biancone) e la Scaglia variegata, affioranti immediatamente ad est
del Lago di Garda nell'area della Lessinia occidentale e del Monte Baldo. È
probabile che parte della selce arrivasse nel sito in forma di nuclei già
preparati da cui estrarre i supporti. Selci provenienti dalle medesime
formazioni potevano essere reperite occasionalmente anche nei depositi morenici
del Garda sottoforma di ciottoli e blocchetti trasportati dal ghiacciaio al
tempo delle glaciazioni.
L’ossidiana
Tra le materie prime scheggiabili utilizzate a Tosina è presente anche
l'ossidiana documentata da pochissimi manufatti raccolti in superficie.
L'ossidiana è un vetro vulcanico che nell'area del Mediterraneo
centro-occidentale è reperibile solo nei depositi di alcune isole: Lipari,
Palmarola, Pantelleria e Sardegna (Monte Arci). In quest'area l'uso
dell'ossidiana è legato soprattutto alle civiltà agro-pastorali neolitiche che
attivarono una articolata e capillare rete di scambio basata principalmente sulla
pratica della navigazione necessaria per raggiungere i giacimenti delle isole.
La pietra levigata
Alcuni manufatti in pietra levigata, soprattutto pestelli e asce,
attestano contatti con le regioni occidentali (dal Piemonte fino all'Emilia e
alla Lombardia occidentale), dove le cosiddette “pietre verdi”, rocce
metamorfiche di colore verde di varia tonalità (meta-ofioliti di alta pressione
come eclogiti e giadeiti), venivano recuperate sia in affioramento nei depositi
delle Alpi occidentali, sia in giacitura secondaria (depositi morenici, alvei
di fiumi e torrenti).
Alcuni manufatti (pestelli e incudini) potrebbero avere origine locale;
questi sembrano ricavati da ciottoli di basalto microcristallino e
serpentinite, dal colore verde molto scuro simile a quello delle pietre verdi,
originari dei bacini alpini a nord del Garda ma recuperati localmente nei
depositi morenici o nei non distanti depositi alluvionali dell'Adige. Stessa
origine hanno altre rocce come i porfidi, utilizzati per la realizzazione di
macine e macinelli, e i ciottoli di calcare usati come affilatoi. Queste
materie prime sono abbondanti nei dintorni del sito di Tosina.