Le pietre focaie - Tosina

l'insediamento neolitico di
Tosina di Monzambano
Tosina di Monzambano
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Le pietre focaie

I reperti > Industria litica
Le pietre focaie
Le raccolte di superficie effettuate a Tosina anno restituito fino ad oggi più di una dozzina di strumenti in selce che sono interpretabili come pietre focaie (o acciarini) utilizzate per l'accensione del fuoco. Il fuoco doveva essere utilizzato quotidianamente per la cottura dei cibi, per illuminare e riscaldarsi e per attività produttive tra cui la cottura della ceramica.
Le pietre focaie in selce hanno caratteri tecno-morfologici e dimensionali piuttosto standardizzati, sono ricavate generalmente da lame molto robuste a sezione triedra, lavorate con ritocco ad ampi distacchi, presentano almeno una delle due estremità sensibilmente modificata dall'usura. Sono visibili anche ad occhio nudo estese aree polite ed evidenti abrasioni causate da un continuo e ripetuto utilizzo mediante percussione e sfregamento contro una superficie dura. Lo strumento in selce percosso o sfregato contro un blocchetto di solfuro naturale di ferro, come marcassite o pirite, genera delle scintille utili ad infiammare l'esca fomentaria (per esempio un fungo come il Fomes fomentarius).
Recenti analisi su manufatti litici preistorici, accompagnate da lavori sperimentali utilizzando copie affini ai manufatti archeologici, hanno dimostrato che l'uso delle pietre focaie in selce era diffuso in Europa durante la Preistoria fin dal Paleolitico superiore.
L'uso della selce per la produzione di pietre focaie si è protratto in Europa (Gran Bretagna, Francia, Italia settentrionale) fino ad epoca recente; ancora nella seconda metà del 1800 nel veronese erano attivi alcune officine specializzate nella lavorazione della selce per far funzionare fucili e acciarini in ferro.
In Italia settentrionale la documentazione archeologica relativa a questi utensili è costituita da pochissimi manufatti tutti provenienti dalla Lombardia e dal Veneto ed è riferibile soprattutto al Neolitico finale e all'età del Rame. Tra gli esemplari più significativi si annoverano due reperti in selce rinvenuti inseriti nel manico in corno provenienti dai livelli tardo neolitici dell'Isolino Virginia di Varese e dalla tomba n. 40 della necropoli di Remedello di Sotto (Bs). Rilevante è inoltre il ritrovamento tra l'attrezzatura della Mummia del Similaun di una sorta di marsupio contenente frammenti di fungo fomentario con cristalli di pirite insieme ad un grattatoio su una robusta lama di selce che probabilmente doveva essere utilizzato insieme al fungo fomentario e alla pirite come acciarino.
Progetto diretto da Raffaella Poggiani Keller
Concessione MiBACT n. 8827 del 21.03.2017
al Museo e Istituto fiorentino di Preistoria "Paolo Graziosi"
In collaborazione con Associazione Culturale Amici di Castellaro
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Associazione Culturale Amici di Castellaro
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